Quando il lavoro diventa vocazione

Quando il lavoro diventa vocazione

Durante un meeting a cui partecipavano i dipendenti di una delle 500 aziende scelte dalla rivista Fortune, un alto dirigente iniziò a parlare dell’importanza della formazione ed esordì in questo modo : “ascoltate, so che venite qui tutti al lavoro solo per guadagnarvi da vivere e so che siete frustrati perché gli stipendi sono stati ridotti negli ultimi sei mesi. Quindi non pensate a questo meeting come una discussione sulla felicità, pensate a come queste strategie potrebbero farvi guadagnare di più. Ad essere onesti, deve per forza trattarsi di soldi : non stiamo mica salvando delfini qui”.   Senza dubbio un modo diretto e schietto per ricordare loro che avevano un “Lavoro” non una “Vocazione“.  Ma i risultati furono immediati ; il gruppo si smontò, segni di delusione, frustrazione, imbarazzo e disinteresse furono presto evidenti a tutti.  Il bravo manager aveva trovato il modo più rapido di abbattere un collaboratore ossia ricordargli che il suo lavoro è significativo solo per via dello stipendio.

Se è assodato che il lavoro nobilita l’uomo è altrettanto vero che non tutti i lavori hanno un significato identico, Ma perfino un compito di routine o eseguito meccanicamente può essere significativo se trovate buone ragioni per investire il vostro tempo e le vostre energie.  Se alla fine della giornata sentite di essere stati produttivi, se avete mostrato agli altri di essere efficaci e brillanti, se avete reso la vita più facile ad un cliente o collega, se avete migliorato le vostre capacità diventando la versione migliore di voi stessi, se avete imparato dai vostri errori allora quel lavoro non vi sta prosciugando l’anima.

Potete svolgere la professione migliore del mondo ed essere pagati come delle star, ma se non riuscite a trovare significato in quello che fate non ne trarrete piacere e quindi il vostro sarà solo “Lavoro”, che non lascerà il segno perché sarà senza senso, direzione e scopo.

riflessioni tratte da Shawn Achor, “Il vantaggio della felicità”